Ci uniamo al lutto della Chiesa siro-ortodossa e al messaggio di Papa Francesco per la scomparsa di Ignatius Zakka I Iwas, patriarca della Chiesa Siro-Ortodossa di Antiochia e di tutto l'Oriente.
Di seguito la notizia, tratta dal sito www.asianews.it.
Invitiamo tutti alla preghiera.

 


» 24/03/2014 11:25
VATICANO - SIRIA - INDIA
Papa: con il patriarca Zakka, il mondo cristiano perde uno dei suoi leader, uomo di dialogo e di pace

Messaggio di Francesco per la morte del patriarca della Chiesa Siro-Ortodossa di Antiochia e di tutto l'Oriente. "Osservatore" al Concilio, ha contribuito a rafforzare i rapporti tra i cristiani e in particolare con la Chiesa cattolica. Il profondo rapporto con l'India. Chiesa siro-ortodossa del Kerala ha proclamato 40 giorni di lutto. 

Città del Vaticano (AsiaNews) - "L'intero mondo cristiano ha perso uno dei suoi eccezionali leader spirituali, coraggiosi e saggi", un "uomo di dialogo e di pace con i fedeli di ogni religione in un Medio Oriente lacerato da conflitti che hanno seminato morte e distruzione, in particolare in Iraq e Siria". Papa Francesco ricorda così Ignatius Zakka I Iwas, patriarca della Chiesa Siro-Ortodossa di Antiochia e di tutto l'Oriente, spentosi in un ospedale in Germania, all'età di 80 anni.

In un telegramma il Papa ricorda poi che il patriarca Zakka Iwas ha preso parte al Concilio Vaticano II come "osservatore" e ne sottolinea il grande contributo nel rafforzare la comunione tra la Chiesa siro-ortodossa e la Chiesa cattolica.

La scomparsa del patriarca siro-ortodosso, oltre che in Medio Oriente - e in particolare a Damasco, sede della sua Chiesa - ha suscitato commozione anche in India, dove egli si recava spesso. Lo ricorda Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians(GCIC) , che in una dichiarazione sottolinea "gli stretti rapporti" che il Patriarca aveva in particolare con il Kerala, visitato, l'ultima volta, nel 2008. Ora la Chiesa siro-ortodossa di quello Stato ha proclamato 40 giorni di lutto.

"Ogni volta che ha visitato l'India - dice Sajan K George ad AsiaNews - migliaia di persone si riunivano per ricevere la sua benedizione. La Chiesa siro-ortodossa ha contribuito in modo significativo con aiuti materiali e monetari per aiutare le popolazioni sofferenti della Siria". Impegnato contro le violazioni dei diritti umani, "era semplicemente compassionevole e ha lavorato instancabilmente per l'unità ecumenica".

Nato a Mosul, in Iraq, Ignazio Zakka Iwas era primate della Chiesa siro-ortodossa dal 1980. In precedenza era stato vescovo metropolita di Mosul, poi di Baghdad e Bassora. Diventato patriarca, ha vissuto e lavorato a Damasco, sede della Chiesa siro-ortodossa. Venerdì prossimo, il corpo del patriarca sarà trasferito dalla Germania in Libano e poi in Siria, dove si svolgeranno i funerali.

Dal sito www.avvenire.it - 15 marzo 2014
Il convento di Saydnaya, a nord di Damasco (ap)

Sono ormai tre anni. Tre anni lunghi, duri, che equivalgono a dieci o quindici, per la morte e la distruzione che hanno causato. Tre anni che non segnano la fine, ma solo, purtroppo, un anniversario, una tappa. Il cammino del popolo siriano verso la pace è ancora lungo. Eppure, la stessa durata di questo conflitto, per assurdo che possa sembrare, sta diventando un’opportunità di vita. Quando le cose accadono in fretta, in tempi brevi, non abbiamo molta occasione di riflettere. Un attimo, e sono già storia. Viene già un’altra guerra, uno scandalo, uno tsunami.. Per ciò che è successo, accettiamo le spiegazioni di chi ha il potere di darle, un altro tassello si aggiunge alla nostra visione delle cose, un altro luogo comune.
Questa volta però non ha funzionato: col tempo, notizie, immagini, voci contrastanti sono ormai dilagate. E finalmente i nostri giudizi sono un po’ più consapevoli, un po’ più cauti. E se mai in tutto questo c’è una primavera, allora è adesso: dopo tanta morte, la vita urge, preme, e tanti siriani cominciano a dire " basta". Non così vogliamo fiorire: non nutrendoci del sangue dei nostri fratelli. Non così vogliamo essere liberi: non calpestando i corpi di chi ieri ci viveva accanto. Non così vogliamo costruire il nostro futuro: non sulle macerie della nostra cultura e della nostra storia. Non così vogliamo crescere i nostri figli: non mettendo loro un fucile in mano e l’odio nel cuore.
«Ecco, sto facendo una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?». Questa vicenda, in cui Dio ci ha messe a percorrere il nostro cammino monastico, ci sta insegnando tanto. E ci interroga. È come se, almeno apparentemente, negli eventi la storia si svolgesse a due livelli. C’è il desiderio sincero, da parte della "gente" (o almeno di alcuni), di libertà, di verità, di uguaglianza, di bellezza... Cose per cui magari ci si infiamma, si scende in piazza, si rischia la vita, o almeno il cuore. E poi c’è il livello di chi tiene i fili. Non solo manipola, ma prevede, suscita, strumentalizza le nostre pur vere passioni, i nostri ideali sinceri e le nostre reazioni. Siria? Forse anche Iraq, Libia, e Africa e ora Ucraina…e forse anche Venezuela... e cos’altro?
Dov’è finita Ginevra 2? Non se ne parla più. L’affare è stato spostato... La "rete globale" che avvolge il nostro mondo e la nostra mente è una gran bella cosa, ma è pur sempre una rete, e se le sue maglie si infittiscono, ci fa correre solo in orizzontale, schiacciandoci sulla superficie della Terra. Ed è uno strumento potente per influenzare il nostro giudizio, la nostra libertà.
Ma allora, a noi cosa resta? Che cosa possiamo davvero vivere con verità? Come possiamo difendere e rendere feconda la nostra libertà?
Accorgendoci che c’è un’altra storia, una Storia vera... Che si rinnova ogni anno da duemila anni, potente, salvifica. Sempre di primavera. Anche duemila anni fa le giornate si stavano allungando, il sole si faceva più caldo, i campi più verdi. Si preparavano giorni di festa. E un Uomo si lasciava tradire, consegnare, uccidere, per la salvezza di molti. Oggi ancora, di nuovo. Che razza di soluzione è? Cosa c’entra con la nostra libertà, col nostro impegno nel mondo ? A questo ognuno deve dare la sua risposta, nessuno può farlo per un altro. Sapendo però che si tratta di una Pasqua, un passaggio.
In questi giorni, come ogni anno, passa nei nostri cieli un grande stormo (forse aironi?) in migrazione. Qualcuno fa punta, in formazione, e fa breccia nell’aria... Altri dietro fanno ala, ingrossano le file, si disperdono, si raggruppano di nuovo. Una marea in volo, che passa vociando da una regione all’altra della Terra per salvaguardare la vita. L’uomo deve migrare in altro modo, il viaggio è interiore, dal freddo dell’inverno al calore del bene cercato insieme. È questa la nostra primavera. Siamo popolazioni "stanziali" nella perseveranza, ma anche pellegrini nella storia, in transumanza verso pascoli ci che sazino davvero, insieme. E – ops! – ci si accorge che la speranza è qualcosa di reale , di concreto... I pascoli in cui nutrirsi sono già qui, fuori casa: è il fratello, diverso da te, da riscegliere, da perdonare, con cui lavorare insieme.
Certo è, e resta sempre, una libera scelta. In questo momento, c’è anche chi continua a uccidere, con crudeltà. C’è chi ruba, incurante del fatto che accanto a lui c’è il cadavere di un amico che magari avrebbe potuto salvare. Episodi atroci. Uomini e donne che si odiano, e provano il piacere della vendetta e della violenza. Ma ci sono tanti – tanti – che aprono gli occhi, che ricostruiscono insieme, che scelgono il bene, la vita, il perdono.
Qualche giorno fa, dopo la ripresa dei voli di civili tra l’aeroporto di Damasco e quello di Aleppo, uno dei piloti, intervistato, diceva: «Vorrei dire a tutti i terroristi, a tutti coloro che usano la violenza, che la cultura della vita è più forte della cultura della morte». E così sia.

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