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Nella Lettera natalizia del patriarca greco-cattolico di Antiochia e di tutto l'Oriente, un appello ai cristiani a vivere la missione nel mondo arabo nella carità e nell'impegno sociale, senza abbandonare la regione. Personalità musulmane apprezzano il contributo cristiano alla cultura araba. Musulmani e cristiani devono lavorare per un pieno riconoscimento dei diritti dei fedeli cristiani alla pari con gli altri e fermare il fondamentalismo. La grande sfida del conflitto israelo-palestinese. La solidarietà di papa Francesco

Damasco (AsiaNews) - "Restate qui! Non emigrate!"; malgrado tutte le difficoltà, le chiese distrutte, le parrocchie abbandonate, le emarginazioni, i cristiani del Medio Oriente devono "rimanere fermi sulla loro terra, nel loro villaggio o quartiere": è l'appello acuto e commosso che Gregorio III Laham, patriarca greco-cattolico d'Antiochia e di tutto il Medio Oriente, rivolge ai cristiani della regione, nella lettera che egli indirizza loro per la solennità di Natale e Capodanno.

La lettera, dal titolo "Rallegrati Maria, perché hai mostrato il Cristo Signore, amante degli uomini", spiega i motivi per cui i cristiani sono necessari al Medio Oriente, anche se devono spesso soffrire di emarginazioni e violenze da parte del mondo islamico fondamentalista, proprio mentre la loro presenza è sempre più apprezzata proprio da rappresentanti musulmani. Allo stesso tempo, il lungo messaggio (17 pagine nella traduzione inglese e altrettante in quella francese), invita i musulmani a lavorare perché sia garantita ai cristiani una piena cittadinanza e uguaglianza nei diritti e nei doveri in Siria, Egitto, Iraq, Palestina e Libano.

Nelle prime pagine di sapore teologico e spirituale, il patriarca mostra il mistero della Chiesa adombrato in Maria, che offre al mondo il Cristo uomo-Dio, che testimonia la sua fede "attraverso l'amore, le opere di misericordia e i progetti di beneficenza... Così è apparsa la Chiesa nel nostro mondo arabo: essa è apparsa attraverso il suo amore, il suo servizio, le sue istituzioni e i suoi progetti".

"Questo mondo arabo e musulmano - afferma poi Gregorio - ha bisogno di noi" e addirittura "senza di noi, non vi è arabità". Egli cita un "grande uomo d'affari musulmano [il quale] ha affermato in una conferenza pubblica che il mondo arabo musulmano ha bisogno della presenza cristiana per essere arabo e musulmano, perché si realizzi la convivialità, la democrazia, la giustizia sociale, l'apertura". Ancora oltre cita lo scrittore egiziano Mohammed Hassanein Heikal, che in una conferenza del 2002, parlava a proposito dei cristiani d'Oriente: "Si nota il fenomeno dell'emigrazione dei cristiani. Non si può togliere l'attenzione a questo fenomeno, né dimenticare o ignorare le sue ragioni o cause, anche se queste ragioni sono psicologiche, in relazione al clima predominante, più che a delle realtà veritiere. Sento che l'intero panorama arabo sarà differente dal punto di vista umano, dal punto di vista della civiltà. Esso sarà senz'altro più povero, meno ricco, se questa emigrazione dei cristiani è ignorata, negletta e diviene oggetto di timori, anche ingiustificati. Quale perdita se i cristiani d'Oriente sentono, a ragione o no, che non vi è avvenire per loro e i loro figli in questo Oriente ! Allora l'Islam resterà solo, solitario in questo oriente dove nulla potrà mitigare la sua solitudine, se non la presenza ebraica, sionista e più precisamente Israele".

Il patriarca elenca poi una lunga lista di "sfide" che i cristiani della regione devono affrontare, alcune comuni a tutti gli arabi, altre specifiche per i cristiani. Fra le prime vi sono il desiderio di sicurezza ; le fatiche per la divisione del mondo arabo ; la rinascita del mondo arabo e la collaborazione con i musulmani. Fra le seconde vi sono il desiderio di non essere considerati cittadini di seconda classe; di poter diffondere il messaggio cristiano in libertà ; di garantire ai propri figli studio, lavoro, impiego senza emarginazioni; di separare religione e politica; di fermare la crescita di movimenti islamisti fondamentalisti che eliminano lo spazio per l'altro.

Per Gregorio III queste sfide vanno affrontate insieme, da cristiani e musulmani. Soprattutto "la lotta contro l'estremismo il fondamentalismo e il Takfir [la condanna a morte per apostasia-ndr]" è anche nell'interesse del mondo musulmano.

Per il patriarca, tutti questi sommovimenti del mondo arabo, che portano l'islam all'estremismo, sono causati da un'altra grande sfida che va affrontata: il conflitto israelo-palestinese, "grande causa dell'emigrazione dei cristiani, ma anche dei musulmani" e "radice della serie di crisi che continuano a diffondersi sugli arabi, musulmani e cristiani, in Palestina e altrove, dal 1948". Con toni molto espliciti, Gregorio afferma che questo conflitto non è risolto anche a causa delle divisioni del mondo arabo e dei suoi governanti, che danno la priorità "agli interessi propri di ogni Paese, di ogni partito".

Il mondo arabo ha bisogno dei cristiani che contribuiscano alla sua evoluzione nella giustizia, manifestando "i valori del Vangelo", rendendo presente il Cristo "nella loro vita, condotta, presenza, testimonianza, impegno... con la loro azione politica, il servizio nei differenti settori della vita sociale".

"Per questo - si dice nell'appello a restare - noi esortiamo i nostri fedeli e li chiamiamo alla pazienza nelle tribolazioni, soprattutto in questo tsunami di crisi soffocanti, distruttrici, sanguinose e tragiche del nostro mondo arabo, soprattutto in Siria, come pure in Egitto, in Iraq, in Palestina e in Libano, in gradi differenti. Noi li esortiamo a non emigrare, a essere fermi sulla loro terra, nel loro villaggio o nel loro quartiere, malgrado le difficoltà che tutti conosciamo. Noi preghiamo per le numerose vittime, il cui numero cresce di giorno in giorno. Noi siamo colpiti dal dolore e dalle sofferenze dei feriti nei nostri ospedali e con coloro che portano degli handicap. Facciamo tutti gli sforzi possibili per alleviare questa pena acuta di milioni di nostri concittadini, sfollati e destabilizzati all'interno o all'esterno della Siria, e per ottenere la liberazione di coloro che sono stati rapiti, come i due Metropoliti di Aleppo, e altri sacerdoti e fedeli nostri concittadini. Sì, noi vogliamo ad ogni costo preservare questa presenza cristiana forte, credente, convinta, resistente, profonda, aperta, interattiva, dialogante, attiva, influente, calma, capace di portare la testimonianza e il vessillo dei valori cristiani, della vera visione cristiana, nel nostro mondo a maggioranza musulmana, perché vi si manifesti il Cristo Gesù, Dio amico degli uomini".

Il patriarca greco-cattolico ricorda poi alcune delle violenze accadute a Tripoli, Saida e Beirut in Libano; a Baghdad, a Maaloula e in altre parti della Siria e in Egitto, e avvicina la situazione dei cristiani a quella delle madri dei santi Innocenti e di "Rachele che piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più" (Geremia 31,15; Matteo 2,18). Ma nonostante ciò, egli ribadisce la sua contrarietà all'emigrazione dei cristiani.

Nel fare gli auguri per Natale e il nuovo anno, egli fa notare come nella comunità internazionale vi è più attenzione verso la situazione siriana, soprattutto grazie all'interesse e alla preghiera di papa Francesco, ed esprime una discreta speranza nella futura conferenza di pace (Ginevra II).

"Come papa Francesco è stato vicino a noi per portare la croce della Siria - conclude - così io chiedo a tutti di portare con noi questa croce, aiutandoci a giungere all'alba della resurrezione".

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L'incontro tra papa Francesco e il segretario generale dell'OIC in un comunicato dell'ambasciata di Turchia presso la Santa Sede. La necessità di maggiori sforzi per incoraggiare il pluralismo religioso e la diversità culturale, contrastando la diffusione del fanatismo e dei pregiudizi. Preoccupazione per la Siria. Una "riconciliazione storica" tra l'Islam e la Cristianità.

Roma (AsiaNews) - La necessità di maggiori sforzi per incoraggiare il pluralismo religioso e la diversità culturale, contrastando la diffusione del fanatismo e dei pregiudizi è stata al centro dell'udienza data da papa Francesco al segretario generale dell'Organizzazione della Conferenza islamica - che raggruppa 57 Paesi musulmani - Ekmeleddin Ihsanoğlu (nella foto), avvenuta lo scorso 13 dicembre.

E' quanto sostiene un comunicato diffuso oggi dall'ambasciata di Turchia presso la Santa Sede, nel quale, tra l'altro, si riferisce che Ihsanoğlu ha esposto al Papa anche la sua idea di una "riconciliazione storica" tra l'Islam e la Cristianità, "basata sulle comuni radici abramitiche e per dare sostegno al multiculturalismo e a società armoniose. Sua Santità ha lodato il proposito del Segretario generale e ha sottolineato la necessità di portarlo avanti".

"E' stato sottolineato - si legge ancora nel documento - che il dialogo interreligioso è una condizione necessaria per la pace nel mondo e che esso rappresenta un dovere per tutte le tradizioni religiose". "Preoccupazioni sono state espresse a proposito della crescita di tensioni tra comunità cristiane e musulmane e sulla trasformazione di conflitti locali di alcune parti del mondo in conflitti provocati da cause religiose, anche quando le origine non sono di natura religiosa. Preoccupazioni sono state espresse anche sull'uso della religiose in situazioni di conflitto come mezzo per motivare sostenitori".

Sottolineata anche la necessità di una via culturale per sostenere le iniziative di dialogo interreligioso.

"C'è stato anche uno scambio di opinioni su vicende regionali e internazionali, specialmente sulla situazione della Palestina ed è stata espresso l'auspicio che la Città santa di Gerusalemme sia una città nella quale ebrei, cristiani e musulmani possano vivere e pregare in pace e armonia".

"Preoccupazione e costernazione sono state poi espresse sul proseguire della violenza in Siria, che richiede una soluzione basata sul dialogo e il negoziato".

"Durante l'incontro il Segretario generale ha espresso apprezzamento per l'attenzione del Papa a ridare slancio al dialogo tra cristiani e musulmani in un momento nel quale il dialogo sta assumendo una importanza crescente, mentre cresce la presenza di musulmani in Paesi storicamente cristiani e alcune nazioni dell'Organizzazione hanno comunità cristiane nazionali e testimoniano l'arrivo negli ultimi anni di lavoratori cristiani stranieri".

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