IL DIGIUNO

La pratica del digiuno è fenomeno ampiamente attestato in tutte le culture e civiltà antiche, interessando molti ambiti: dalla medicina alla spiritualità, dalla vita privata a quella sociale. Nella rivelazione biblica il Popolo di Dio lo conosce attraverso la legge sul Giorno dell’Espiazione (Lv 23) e vi fa ricorso in momenti cruciali della vita della nazione (Gdc 20,26). Altri quattro digiuni addizionali furono aggiunti dopo l’esilio babilonese (Zc 8,19). Il giudaismo previde anche la possibilità di digiuni volontari aggiuntivi, ad esempio il lunedì e il giovedì. Nel messaggio dei profeti risuona forte l’appello alla verità profonda della mortificazione: “Non piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?” (Is 58,6-7).

Nell’islam il digiuno del mese di Ramadan è il quarto pilastro della religione e comporta l’astinenza totale da cibo, bevande, fumo e rapporti sessuali dall’alba al tramonto di ciascuno dei 29 o 30 giorni del mese, ed è obbligatorio per i musulmani, uomini e donne, che abbiano raggiunto l’età idonea e siano fisicamente in grado. Il digiuno aiuta ad avvicinarsi a Dio, attraverso l’esperienza di una vita simile a quella degli angeli, poiché spinge a combattere le passioni e irrobustisce la forza di volontà. Per tutti è uno stimolo alla solidarietà con i poveri, poiché fa provare i morsi della fame patiti dagli indigenti. Secondo i musulmani Ramadan è il mese preferito da Dio: apre il paradiso, chiude l’inferno e imprigiona I demoni; incrementa la vita di preghiera, l’assiduità al luogo di culto e la recitazione del Corano. Nell’islam vi sono altri momenti di digiuno individuali, ad esempio quelli disposti per espiare un’infrazione o per adempiere a un voto, e altri volontari e periodici, nel corso del mese.

Nel cristianesimo «il digiuno e l’astinenza — insieme alla preghiera, all’elemosina e alle altre opere di carità — appartengono da sempre alla vita e alla prassi penitenziale della Chiesa: rispondono, infatti, al bisogno permanente del cristiano di conversione al regno di Dio, di richiesta di perdono per i peccati, di implorazione dell’aiuto divino, di rendimento di grazie e di lode al Padre». La nota pastorale dell’Episcopato italiano su Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza, precisa inoltre che “il digiuno dei cristiani trova il suo modello e il suo significato nuovo e originale in Gesù”, che senza imporre in modo esplicito ai suoi discepoli nessuna pratica particolare di digiuno e astinenza, ne ha ricordato con il suo esempio la necessità nella lotta contro il maligno (Mt 4), ne ha ribadito il valore essenzialmente interiore (Mt 6), lo ha orientato alla partecipazione del credente al suo mistero pasquale: “Verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo Sposo e allora digiuneranno” (Mc 2,20).

Per il cristiano la mortificazione non è dunque mai fine a se stessa né si configura come semplice strumento di controllo di sé, ma rappresenta la via necessaria per partecipare alla morte gloriosa di Cristo: in questo senso è stato particolarmente valorizzato nel monachesimo. Nella vita del credente raggiunge il suo vertice nel sacramento della Penitenza e della Riconciliazione e deve aprire a un nuovo impegno di coerenza personale e di carità comunitaria. In questo senso è proprio il crescente contatto con religioni e culture differenti che richiede ai battezzati di riscoprire e riaffermare con chiarezza l’originalità del digiuno e dell’astinenza cristiani. Solo questa riscoperta può rendere ricco e fruttuoso lo scambio con uomini di altre fedi. Secondo la disciplina penitenziale della Chiesa Cattolica, la legge del digiuno obbliga a fare un unico pasto durante la giornata (ma non proibisce una piccola quantità di cibo al mattino e alla sera); la legge dell’astinenza proibisce l’uso delle carni e di altri cibi e bevande costosi e ricercati. Il digiuno e l’astinenza devono essere osservati il Mercoledì delle Ceneri (o il primo venerdì di Quaresima per il rito ambrosiano) e il Venerdì della Passione e Morte del Signore. L’astinenza deve essere osservata in tutti e singoli venerdì di Quaresima, come anche —adattamenti permessi — negli altri venerdì dell’anno. Salvo ragioni di salute vi sono tenuti tutti i maggiorenni fino al sessantesimo anno d’età. Tale pratica può poi allargarsi ad altre circostanze, come la vigilia di eventi religiosi significativi (Confermazione, Ordinazione, Professione religiosa ecc.); feste e pellegrinaggi, ritiri spirituali, infine quelle circostanze civili ed ecclesiali dove si fa più impellente il ricorso a Dio.

Ignazio De Francesco

Piccola Famiglia dell’Annunziata

 

La preghiera nell'Ebraismo, nel Cristianesimo, nell'Islam

UN ANNO… IN PREGHIERA

Il tema dell’anno è non solo un filo conduttore, per dare ordine e continuità alle iniziative che lo caratterizzeranno (incontri, ritiri, pubblicazioni ecc.). È soprattutto una grande occasione di riflessione e di meditazione sui contenuti della nostra fede e della fede di quanti, fratelli e sorelle di altre confessioni religiose, condividono l’avventura spirituale della ricerca interiore del volto di Dio.

La Finestra per il Medio Oriente – lo sappiamo – non è un circolo culturale o didattico, non è un’associazione benefica: è una realtà ecclesiale, nata nella diocesi di Roma a servizio della Chiesa tutta, che accomuna quanti hanno a cuore la comunione e l’unità della Chiesa stessa, il cammino delle comunità cristiane del Medio Oriente, il dialogo con gli Ebrei e i Musulmani, e che, mossi da questa passione, la esprimono nella loro preghiera.

Il tema dell’anno 2008 va dunque al cuore di quell’esperienza spirituale che portò Don Andrea Santoro ad aprire questa “finestra” nel 2000, con l’inizio della sua permanenza “orante” in Turchia.

Che cosa è preghiera? Molte sarebbero le definizioni, molte sono le esperienze spirituali di santi mistici e le meditazioni di autori contemporanei. Tra tutti, scegliamo Santa Teresa di Gesù (Manoscritti autobiografici, C 25r) :

«Per me la preghiera è uno slancio del cuore, un semplice sguardo gettato verso il cielo, un grido di gratitudine e di amore nella prova come nella gioia».

Fermiamoci su questa definizione:

La preghiera è «uno slancio del cuore»: la preghiera non è un insieme di formule pre-confezionate, né il frutto di uno sforzo cerebrale («i ragionamenti – ricorda Santa Teresa d’Avila nell’Autobiografia XV,6 – sono come grossi pezzi di legno messi senza discrezione sul focherello, così lo fan soffocare…»). Essa nasce quando il cuore si “slancia”, si liberano cioè i sentimenti che lo abitano («è il cuore che prega», ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, 2562);

è «uno sguardo gettato verso il cielo», una relazione che si stabilisce con il «Padre nostro che è nei cieli», non una semplice auto-riflessione, un parlare o un pensare tra sé. Lo sguardo è il primo canale comunicativo con ciò che si pone al di fuori di noi;

è «un grido di gratitudine e di amore nella prova come nella gioia», l’espressione dell’aspirazione più profonda della persona, amare ed essere amato in pienezza e in ogni situazione dell’esistenza.

La nostra tradizione cattolica ci ricorda che la preghiera è elevatio mentis in Deum, petitio decentium a Deo, una relazione che porta la persona ad elevarsi verso Dio e a chiedere ciò che è “decente”, secondo quanto ricorda San Paolo nella Lettera ai Romani:

«Allo stesso modo, anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio».

Lo Spirito Santo ci suggerisce, «con insistenza» e «con gemiti inesprimibili», la necessità che i nostri desideri incontrino e si conformino ai «disegni di Dio» per noi, e che nel nostro cuore cresca il desiderio di accogliere ciò che il Padre vuole donare ai suoi figli: la pienezza della vita, della pace, dell’amore.

In questa ricerca del volto di Dio e della sua volontà ci sentiamo profondamente accomunati con quanti, per vie diverse, portano nel cuore la “nostalgia” della stessa mèta:

«Aiutatevi con la pazienza e la preghiera, che son cose gravose, ma non per gli umili i quali credono che incontreranno un giorno il loro Signore e che a lui ritorneranno» (Sura 2, la vacca 45-46)

«Benedici, Padre nostro, noi tutti insieme, con la luce del tuo volto, per­ché con la luce del tuo volto hai dato a noi, Signore, la legge di vita, amore, grazia, carità, benedizione, e misericordia e vita e pace. Ti piaccia di benedirci e di benedire tutto il tuo popolo Israele, sempre. Benedetto tu, Signore che benedici il tuo popolo Israele nella pace» (Dalla Tefilla’)

Scorrendo i giorni e le feste del 2008, continuiamo a lodare, ringraziare e benedire Dio, a presentare a Lui il nostro grido, anche quando è di sofferenza o di rabbia, ma soprattutto a fare nostra la preghiera dei discepoli di Gesù, i quali, interrogandosi sulla sua preghiera, un giorno esclamarono: «Signore, insegnaci a pregare!», sentendosi poi rispondere: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione… quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!» (Luca 11,1-4.13).

Buon anno!

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